La comprensione delle origini della depressione all’interno della storia di una singola persona è assai più importante, ai fini della cura, della sua mera manifestazione sintomatologica.
Rimanendo solo per un momento sul piano dei sintomi, una persona che sia in uno stato di depressione potrebbe descrivere alcuni aspetti tra i seguenti: umore depresso (tristezza, oppure senso di vuoto, o irritabilità), mancanza di aspettative rispetto al futuro, chiusura e isolamento rispetto ai rapporti con gli altri, assenza di interesse o di piacere per gran parte delle attività della propria vita, mancanza di energie, sentimenti di autosvalutazione, di colpa, di fallimento, pensieri ricorrenti di morte o ideazioni suicidarie, difficoltà a concentrarsi, indecisione, insonnia o eccessiva necessità di dormire, agitazione a livello motorio o rallentamento, mancanza di appetito o aumento di peso. A volte la depressione può essere così forte che chi la sta vivendo può progressivamente rinchiudersi in un incupimento sempre più profondo, rintanandosi in casa, o anche nel proprio letto.
Il ricorso agli psicofarmaci (categoria: antidepressivi) può alleviare la pesantezza degli stati d’animo, senza però che vengano affrontate le radici della depressione stessa. Questo invece avviene attraverso un percorso di psicoterapia o di sostegno psicologico. Nei casi di stato depressivo grave, al percorso viene accostato anche un periodo di terapia farmacologica.
Centrando quindi l’attenzione sulle origini della depressione, ritengo si possano tratteggiare alcune categorie che cercherò ora di sintetizzare, non completamente separate le une dalle altre e semplicemente orientative.
Depressione reattiva ad un evento rilevante della propria vita
(ad esempio un lutto, una separazione, un licenziamento, una malattia …). Si tratta di una depressione che insorge in seguito al verificarsi di un evento più o meno traumatico della propria vita. É come se una persona sentisse che “la prova” affrontata ha rotto gli argini della propria capacità di gestione emotiva, ha travolto le proprie risorse personali. Chi vive una depressione reattiva può esprimere stati del tipo: “Mi sento come se avessi perso un pezzo di me”, “Non riesco a ritrovare un senso nella mia vita di tutti i giorni”, “Mi sembra che tutte le mie emozioni si siano congelate. Non riesco neanche a piangere. Vivo tutto quello che mi capita come se fosse ovattato, appannato”. L’intervento terapeutico potrebbe riguardare in particolare l’elaborazione delle emozioni connesse al lutto o alla mutata condizione di vita. (Vedere anche: Curare il trauma. L’approccio psicoterapeutico EMDR).
Depressione legata a mancanza o a perdita di senso rispetto alla propria vita
Sentimenti di vuoto, di perdita di significato, accompagnano questo tipo di depressione che affonda le radici in uno stato di crisi rispetto alla propria identità, al proprio progetto di vita. Questi stati possono essere espressi come: “Mi sento come un guscio vuoto”, “Guardo la mia vita come se fossi lo spettatore di un film che non mi coinvolge neppure tanto, anziché essere il regista”. Il percorso terapeutico si potrebbe fondare sull’individuazione delle proprie aspirazioni più intime e più autentiche e sulla comprensione delle ragioni che hanno generato un “tradimento” o un abbandono di quelle aspirazioni.
Depressione legata a stati di conflitto interiore
Si tratta di una situazione di paralisi, con la sensazione di sentirsi incastrati tra i propri desideri e le proprie paure. A volte il conflitto è già abbastanza chiaro ai propri occhi; altre volte quello che si vive è il fallimento dei propri tentativi di uscire da uno stato di sofferenza senza che si riesca a comprendere cosa impedisce di realizzare le soluzioni che si individuano. C’è qualcosa che si oppone interiormente, profondamente, che porta alla ripetizione di stati di sofferenza. Esemplificazioni di questa condizione possono essere resi con descrizioni come: “Mi sembra di capire quali sarebbero le direzioni per non stare più così male e nonostante non ci siano ostacoli esterni, non riesco a prendere quelle strade”; “Qualcosa mi blocca, mi intimorisce, ma non mi è assolutamente chiaro di cosa si tratti“. Esempi di conflitto interno possono essere: desiderare una relazione sentimentale significativa ma essere terrorizzati dalla dipendenza da un’altra persona; aspirare ad un riconoscimento professionale finendo per ripetere invece azioni di auto-sabotaggio; desiderare un figlio ma temere le trasformazioni del corpo in gravidanza, oppure avere paura di ripetere gli errori dei propri genitori, oppure essere spaventati dall’idea di qualcuno che dipende completamente da noi all’inizio della sua vita e che facilmente trasformerà la nostra esistenza in un modo che non possiamo prevedere né tantomeno controllare se non parzialmente. Nel percorso di cura è basilare individuare il o i conflitto/i interiori, per arrivare gradualmente ad un suo/loro superamento.
Depressione legata a problematiche relazionali all’interno del proprio contesto familiare
Il ripetersi di situazioni di conflitto relazionale può contribuire all’insorgere di stati depressivi. Ci si può sentire prigionieri delle dinamiche emotive della propria famiglia, incastrati in ruoli dai quali sembra impossibile liberarsi. Questo può avvenire nei confronti della propria famiglia di origine (quindi in quanto figli dei propri genitori) o all’interno del proprio rapporto di coppia e/o nel proprio ruolo genitoriale. Un figlio potrebbe dire: “Vorrei sentirmi libero di poter seguire le mie passioni e le mie inclinazioni scegliendo un lavoro che le rispecchi, ma sembra che il mio futuro sia già tracciato nella testa dei miei genitori”. Un altro figlio potrebbe dire: “A parole mi invitano ad essere indipendente, ma appena faccio un passo in quella direzione sembra che siano terrorizzati dall’idea di perdermi”. Un marito potrebbe descrivere la sua situazione di coppia dicendo: “Noi due non facciamo altro che ripetere gli stessi copioni: mia moglie vorrebbe entrare di più nella mia intimità, sapere i miei pensieri. E più lei preme in quel senso più io mi allontano perché mi sento controllato… un po’ come succedeva con mia madre”. La cura in tali situazioni può essere un percorso individuale in cui comprendere le ragioni profonde del conflitto e le direzioni per uscire dalla ripetizione del conflitto o anche un percorso familiare o di coppia per “curare” la relazione tra i soggetti coinvolti.
Depressione post partum
vedere la sezione dedicata alle problematiche più frequenti.
Qualche accenno sulla depressione nel bambino
La depressione in un bambino può manifestarsi in modo simile a quella di un adulto in certi tratti, ma può anche esprimersi sotto forma di rabbia, di aggressività, di problemi nel comportamento. La cura nel caso di un bambino non può prescindere da un lavoro psicologico con i suoi genitori sia per la naturale dipendenza di un bambino dal suo contesto familiare, sia per l’importanza di comprendere quanto quel bambino stia facendosi portavoce di un malessere e di una sofferenza familiare.
Qualche accenno sulla depressione nell’adolescente
Nell’adolescente stati d’animo depressivi di breve durata possono essere anche connaturati alla fase di vita, nel senso che in quel periodo dell’esistenza si affrontano di per sé alcuni “lutti” specifici: rispetto al proprio corpo di bambino; rispetto alla propria infanzia; rispetto all’onnipotenza attribuita ai propri genitori nell’infanzia. Allo stesso tempo l’adolescente si confronta man mano con i limiti propri, con quelli posti dalla realtà circostante, con quelli posti dai genitori. Tuttavia a volte stati depressivi naturali e passeggeri diventano invece persistenti o si acuiscono. In particolare ci sono ragazzi che, per la propria storia familiare o per i traumi che possono aver subito, sono meno equipaggiati per tollerare e affrontare le difficoltà di fronte a cui man mano vengono a trovarsi. Tendono allora a isolarsi, a chiudersi di fronte all’insuccesso, o anche al ridimensionamento delle proprie aspettative, vivendo una delusione profonda ed uno schiacciante senso di fallimento. Può comparire un senso di vuoto. L’arresto nel progetto di vita va allora rapidamente affrontato anche per impedire che lo scarto tra sé e i coetanei, che nel frattempo proseguono i loro percorsi di vita, divenga un solco troppo profondo da colmare.