In termini diagnostici un attacco di panico è una situazione di ansia acuta e travolgente che si manifesta con la paura di impazzire o di perdere il controllo sul proprio corpo, oppure con la sensazione di essere sul punto di morire (per un infarto o qualcosa di analogo). Il battito cardiaco aumenta rapidamente e fortemente, il respiro si fa affannoso, la vista può annebbiarsi, possono insorgere capogiri o vertigini. (Si veda anche la sezione Ansia)
Dopo il primo episodio di attacco di panico, una persona può rimanere talmente scioccata da iniziare a vivere uno stato di angoscia “preventiva”, la cosiddetta “paura della paura”, legata al timore che si ripeta una situazione simile, ossia un nuovo attacco di panico.
In un’ottica psicodinamica, le radici che stanno alla base dell’attacco di panico hanno a che fare con il forte bisogno (più o meno consapevole) di controllo su se stessi, sugli altri, sulle situazioni. Ad esempio una persona può temere a livello inconscio la propria rabbia tanto da reprimere ogni manifestazione della stessa: il terrore di perdere il controllo sulla rabbia si trasforma allora in attacco di panico. Un altro esempio: una donna può vivere come necessità assoluta quella di esercitare un controllo sul proprio partner, sulle sue azioni e sui suoi pensieri, tanto da non tollerare nessun genere di non conoscenza di quanto lo riguarda, di minima esclusione. Se il partner diventa più sfuggente per non sentirsi soffocato o se semplicemente la donna si trova di fronte all’impossibilità di sapere tutto quello che passa nella mente del partner, in lei può scatenarsi un attacco di panico.
Il timore di essere improvvisamente invasi dall’angoscia porta frequentemente chi soffre di attacchi di panico a limitare i propri spostamenti, a necessitare di un accompagnatore più o meno fisso per scongiurare il pericolo di trovarsi da soli in un luogo pubblico nel momento in cui la paura di impazzire, di morire o di perdere il controllo sul proprio corpo riemergono. A volte nasce anche un profondo senso di vergogna all’idea di essere visti in uno stato di difficoltà, il che equivale a livello emotivo all’inaccettabilità di mostrare agli altri una propria fragilità.
Per certi versi l’attacco di panico nasce dove ci sono dei “buchi” di pensiero, delle aree di difficoltà a creare connessioni tra gli eventi vissuti e i propri stati emotivi. Il percorso di cura consiste quindi nella ricostruzione delle connessioni mancanti e nella comprensione dell’origine del bisogno di controllare.
Nella mia esperienza clinica, gli attacchi di panico hanno alla base in parecchi casi uno stato di conflitto interiore tra bisogni di dipendenza e desideri di indipendenza, conflitto che può acuirsi in particolari momenti di passaggio della propria vita, quando ad esempio si è di fronte a un cambiamento sovente emancipativo. E per risolvere gli attacchi di panico è fondamentale lavorare in terapia per sciogliere quel conflitto interiore, trovando un sano equilibrio tra dipendenza e indipendenza.
L’approccio terapeutico EMDR (vedere Curare il trauma: la psicoterapia EMDR) permette di lavorare in modo efficace sugli attacchi di panico, sia nel senso di individuazione ed elaborazione delle ragioni che ne sono all’origine che di intervento sull’attacco di panico, compresi i faticosi correlati psicofisici di mancanza d’aria, tachicardia, nausea, senso di svenimento, sudorazione eccessiva, etc.